La pasta con il macco di fave, in dialetto “pasta cu maccu”, è una vera pietra miliare della tradizione culinaria siciliana e fa parte della cosiddetta “cucina povera”.
Si può preparare sia con fave fresche che secche, ma la tradizione vuole che sia preparata il giorno di San Giuseppe, proprio nel periodo in cui si raccolgono le fave, pertanto è prediletta la variante con fave fresche.
Le fave vengono cucinate a fuoco lento per molte ore, insieme a un trito di cipolla e a un filo d’olio extravergine d’oliva, fino a che non se ne ricava una crema molto simile alla polenta. A Gangi si usa aggiungere del finocchietto selvatico, per alleggerire la dolcezza delle fave e dare un sapore più deciso.
Particolarmente curiosa è la scelta del tipo di pasta. Anticamente, le botteghe del paese vendevano la pasta sfusa e la tenevano in cassetti, uno per ogni formato. Quando i cassetti si svuotavano, restavano dei rimasugli spezzettati che i commercianti vendevano a un prezzo più basso. Proprio questa era la pasta che avrebbe accompagnato il macco.
Oggi si ottiene più o meno lo stesso risultato spezzettando degli spaghetti. Non lo si fa per necessità economiche, ma perché la pasta spezzettata si lega benissimo al macco, gli da la giusta consistenza e si fonde insieme a esso in una crema gustosa, nutriente, particolarissima.
Per gli antichi, la pasta col macco era il piatto di pranzo e cena anche per diversi giorni. Infatti, lasciata raffreddare in una teglia, la crema si rapprende e può essere tagliata in cubi che poi vengono fritti. Una pietanza povera ma, al tempo stesso, una ricercatissima prelibatezza.
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